Una storia dei fratelli Ryan tutta italiana
Triste la vicenda della famiglia di Costantino e Annunziata Salamandra che piansero in quegli anni la morte di ben tre figli, Raffaele, il maggiore, Francesco, di tre anni piu’ piccolo, accaduta su due fronti lontanissimi, il deserto libico e il Carso, e in ultimo del figlio Edoardo.
Raffaele, il maggiore dei due fratelli Cicchetti, dunque, nasce a Monteleone di Spoleto il 24 aprile 1893, alto 1,67, torace 88 cm, di professione contadino, fu inquadrato nel 48° reggimento fanteria il 7 dicembre 1914.
Il 13 dicembre 1914 fu imbarcato a Taranto con destinazione i territori della Tripolitania e la Cirenaica, e vede, dunque, le proprie sorti divise da quelle dei suoi commilitoni che combattono, invece, insieme al grosso del 48° reggimento fanteria, inquadrato nella Brigata Ferrara, sul fronte di San Martino del Carso, sul Monte San Michele, sul Piave, meritando numerose citazioni sui Bollettini di Guerra.
Muta profondamente il teatro delle operazioni: dal fronte Carsico, caratterizzato da un territorio rotto e frastagliato, sferzato dal gelido vento della bora, al rovente deserto libico, ove si contrappone non un esercito regolare quale quello Imperiale, ma un numeroso stuolo di bande, in un contesto politico certamente variegato e di difficile comprensione per i nostri generali abituati a un’arte delle guerra ben diversa.
Il 19 dicembre 1914, qualche giorno dopo lo sbarco di Raffaele sul suolo africano, il governatore della Tripolitania, ten. gen. Luigi Druetti comunica, ai comandi militari dipendenti, l’intenzione, di voler abbandonare l’interno della Colonia, per attestarsi saldamente sulla “linea costiera nelle sue località principali, fra il confine occidentale e la Sirte, e la linea marginale del Gebel, fra Fessato e Homs” (circ. del 19/12/1914).
La notizia del previsto ripiegamento di numerosi presidi interni contribuì ad alimentare la già dilagante rivolta, addirittura coinvolgendo quelle tribù amiche che, lasciate al proprio destino, senza l’aiuto e l’appoggio italiano, avrebbero subito le sanguinose rappresaglie dei ribelli. La rivolta dilaga rapidamente gettando nello scompiglio le autorità locali e mettendo in pericolo i presidi dell’interno: Tarhuna, Beni Ulid, Misurata, Sirte, oltre a numerosi piccoli villaggi disseminati ai margini dell’altipiano.
Il Governo di Tripoli, preoccupato dagli sviluppi della situazione, decideva di rinforzare i presidi tra cui quello di Tarhuna, inviando un primo forte contingente di truppe, al comando del ten. col. Rossotti: che, a causa delle forte resistenza, fu costretto a ripiegare sull’Uadi Megenin. Da Aziza partiva allora in soccorso un’altra colonna, al comando del ten. col. Billia a cui appartiene il Nostro, che si univa alle truppe del Rossotti e proseguiva fino a Tarhuna, raggiungendo l’obiettivo il 16 maggio, ma senza i rifornimenti indispensabili alla sopravvivenza del presidio.
Riuscita ad entrare nel forte la colonna Rossotti – Billia, i ribelli ripristinarono il blocco, rendendo così ancora più precarie le condizioni di vita delle truppe assediate, ammontanti, ora, a 2.600 uomini.
Viste le difficoltà di ricevere aiuti dall’esterno, dopo aver informato il Governo di Tripoli, all’alba del 18 giugno il ten. Col. Antonucci, comandante del presidio di Tarhuna, decideva di abbandonare il forte e di ripiegare su Azizia.
La colonna Antonucci, composta da un battaglione dell’82° fanteria, XXII bersaglieri, una compagnia del 48° fanteria, XV eritreo, I libico, reparti del III libico, unità di artiglieria, cavalleria e un convoglio con feriti e borghesi per un totale di 1.500 nazionali e 700 indigeni, abbandonava, dunque, il forte.
Giunto all’altezza delle gole dei Valloni, la colonna veniva violentemente attaccata dai ribelli Ben presto le nostre truppe, ormai scosse e in preda al panico, cedevano alla pressione avversaria e si dissolvevano rapidamente senza poter opporre resistenza. Gruppi di cavalleria nemica irrompevano allora sui resti della colonna in disordinato ripiegamento, facendone strage.
I dispersi arrivarono in ogni luogo ad Azizia, a Fonduc Ben Gascir e perfino a Ain Zara. Il XV eritreo, autore delle esecuzioni al forte della Sirte, veniva interamente distrutto.
Dei 2.400 uomini costituenti la forza del presidio si salvarono 16 ufficiali, e 150 uomini di truppa fra nazionali ed indigeni. La caduta di Tarhuna provocava il crollo di tutto il sistema difensivo compreso tra il Gebel Orientale e quello Occidentale.
Sul foglio matricolare di Raffaele Cicchetti si legge:
“disperso nel fatto d’arme durante la marcia di ripiegamento da Tarhuna a Ainzara”, 18 giugno 1915.
Francesco morì a Castagnavizza del Carso (odierna Kostanjevica na Krasu in territorio sloveno) nel corso di combattimenti il 19 agosto del 1917.
Edoardo, ritornato dal fronte a causa della morte in guerra degli altri due fratelli (in quanto esonerato dal servizio effettivo sotto le armi), si ammalò di febbre spagnola, morbo che colpì Ruscio con particolare virulenza.
Nel liber defunctorum della Parrocchia di San Nicola in Monteleone si legge: Anno Domini 1918 die 13 Novembriis, Edoardus Cicchetti, filius Costantini, annorum 33, confessus, SS. Viatico refectus est et S. Olei unctione roboratus, animam deo redditit, eius corpus post exequias in pubblico Coemeterio sepultum est.
Foglio matricolare di Cicchetti Raffaele

Edoardo Cicchetti

Francesco Cicchetti

Costantino Cicchetti
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