Tra l’inizio del 1918 e la fine del 1920, l’Europa fu attraversata dalla più devastante pandemia che la storia dell’umanità ricordi. I primi casi di spagnola si ebbero in Spagna nel febbraio del 1918, si trattò di casi benigni che non provocarono decessi. Il virus si trasmetteva attraverso le mucose e per via aerea (tosse e starnuti), la sintomatologia era abbastanza consueta: brividi accompagnati da febbre per alcuni giorni.
A maggio il virus raggiunse la Francia per poi espandersi rapidamente in tutta Europa, nelle trincee, nelle retrovie e nelle città, favorito dalle terribili condizioni igieniche, dalla malnutrizione e dal ridotto numero di personale sanitario a causa dell’impiego al fronte.
Il virus, in fase di propagazione, iniziò a mutare e a divenire mortale, ampliando i sintomi e rendendo sempre più difficile e complessa la gestione dei malati e del numero dei casi, sempre più crescente.
In Italia, l’epidemia fu particolarmente devastantenelle zone del Lazio, della Puglia e in Sicilia.
Nel solo Regno d’Italia la spagnola causò un vero e proprio crollo demografico che si protrasse fino al 1920. A causa della censura i giornali italiani eliminarono del tutto le notizie sull’influenza e sul numero delle vittime per non demoralizzare la popolazione arrivando, addirittura a vietare i necrologi e i rintocchi delle campane.
Lo scienziato americano Edwin Oakes Jordan (1866-1936), valutò complessivamente in oltre 21 milioni le vittime causate dalla spagnola in tutto il mondo.
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